Testo tratto dal sito www.glorenzon.it del dott. Giorgio Lorenzon - Brandizzo (TO)


ESTRATTO DA IMPIANTO AD AGHI


Redattori della Rubrica d’Implantologia: Dott. F. Mangini

(Assistente Clinica Odontoiatrica Università di Bari) Dott. N. Marini

(Tesoriere ANIO) Dott. P. Mondani

(Insegnante Clinica Odontoiatrica Università di Modena)

Un impianto alla volta: gli aghi di Mondani

Estratto da: Odontostomatologia & Implantoprotesi — 7/86

RUBRICA DI IMPLANTOLOGIA

(portavoce dell’ANIO — Prof. P. Domenico Laforgia)

Prof. P. Domenico Laforgia - Dott. Francesco Mangini - Dott. Nazario Marini - Dott. Pierluigi Mondani

Un impianto alla volta: gli aghi di Mondani

Redattori della Rubrica: Dott. F. Mangini

(Assistente Clinica Odontoiatrica Università di Bari)

Dott. N. Marini (Tesoriere ANIO) Dott. P; Mondani

(Insegnante Clinica Odontoiatrica Università di Modena)

Associazione Nazionale Implantoprotesi Orale

Sotto la direzione scientifica del Prof. P; Domenico Laforgia — Direttore della Clinica Odontostomatologica dell’Università di Bari e Presidente dell’ANIO.


Presentazione


Presentiamo questa volta un’altra metodica implantologica. Il supporto implantare non sfrutta né una ritenzione laminare né tronco conica, come già visto in precedenza, ma una ritenzione assolutamente verticale, unita ad una peculiare disposizione tridimensionale che ripete quella dell’anatomia radicolare.

La metodica originale del Dr. Scialom ha trovato ampia applicazione ad opera del Collega Mondani di Genova, al quale, inoltre, va il merito di aver ideato e diffuso l’uso di apparecchiature speciali per le saldature endorali di vari metalli e leghe odontoiatriche.

Ecco quindi, nella descrizione originale del Dr. Piero Mondani, la presentazione di questo impianto


Francesco Mangini

Breve compendio degli impianti 2ad ago" o "apilastro"


Da più di trenta anni la validità e la duttilità dell’impianto ad ago è un fatto acquisito. L’inventore, il dottor Scialom, francese, ebbe l’idea di conficcare delle asticciole cilindriche di tantalio di 1,2 mm. Di diametro, con una punta a lancia da un lato, di varie lunghezze, con un trapano a rotazione minima di 50,100 giri al minuto nei mascellari. Le punte di queste asticciole penetravano sino alla corticale, solidarizandosi in essa, e formando insieme una figura geometrica: il tripode. Per la prima volta nella implantologia endossea, con l’avvento degli impianti, chiamati "ad aghi" dai francesi, si parlava di andare ad impiantare la corticale, quale sede di elezione, quello che oggi, tutti gli impianti cercano di raggiungere.

Scialom li univa tra loro in coda con della resina autopolimerizzante creando una figura geometrica, allora statica, ma che dava comunque ottimi risultati. La prerogativa dell’impianto ad ago, sta nel poter mettere nell’osso la minima quantità di metallo, nella massima estensione.

L’impianto ad ago ebbe una grande diffusione nel 1968-73 ma fu mal interpretato, perché creduto di attuazione facile. Invero, e, tengo a precisarlo, è il più complesso e difficile degli impianti. Non si può impararlo in un corso di due o tre giorni, come avviene per vari impianti. Occorrono medici molto preparati in implantologia, in anatomia in biologia, in biometallurgia, in fisica; capire la sua filosofia, la sua ingegneria, le sue regole dettate dalla Scienza delle Costruzioni. Occorrono specialisti che siano disposti a sacrificare molto tempo per imparare l’impianto che si adopera anche quando gli altri si fermano; che passa per zone ossee vietate agli altri impianti per differente morfologia; l’impianto che nel caso di un insuccesso, viene rimosso e non lascia nessuna lesione ossea. E’ l’impianto che da la possibilità di protesizzare il paziente appena effettuato l’intervento, di qualsiasi estensione esso sia. Non ha bisogno della rigenera.


Per prima cosa, dato che l’implantologia moderna sceglie l’impianto a seconda della morfologia del mascellare, ho cambiato il materiale "tantalio" con "titanio". Indi 14 anni fa ho inventato la saldatrice per solidarizzare i vari aghi, aghi con viti, aghi con lame, a seconda delle metodiche. Infine il tripode, viene adoperato per i denti anteriori, e, sulle libere e totali ha ricevuto altri pilastri creando altre figure geometriche. Poi i vari aghi restano in situ e, solidarizzati con dei traversini di metallo (metodica personale) creano non solo un tutt’uno, ma una mesio struttura di una resistenza enorme.

La saldatrice di Moldani ora usata in vari stati, ha la proprietà di saldare i vari impianti tra loro in cavità orale, senza creare né riscaldamento di metalli, né scariche elettriche o lesioni muco ossee.

Perché l’impianto ad ago, vi domanderete, ha bisogno di creare una figura geometrica per scaricare nel suo poligono le forze acquisite durante la masticazione? Perché gli aghi sono infissi raramente verticali, ma sempre obliquamente onde evitare delle divergenze?

Ci sembra opportuno ricordare alcuni principi fondamentali relativi alla pressione semplice, alla scomposizione delle forze, all’azione di pressoflessione, per concludere con alcune importanti considerazioni pratiche che interessano gli impianti ad ago (da bollettino Odontoimplantologico S.O.I.A. n. 8, 1969).

Un corpo solido in una determinata sezione è soggetto ad una sollecitazione di pressione semplice quando la risultante di tutte le forze considerate da una sola banda della sezione stessa è baricentrica rispetto alla sezione e ad essa normale.

A titolo di esempio, se i tre aghi hanno inclinazioni rispetto alla risultante, nella cui direzione sarà sistemato il dente, di 60°, 15°, 60°, indicando sempre con P l’azione sopportata da un ago, l’insieme dei tre aghi potrà sopportare: 0,500 P + 0,966 P + 0,500P = 1,966 P .

Dati quindi gli angoli di inclinazione previsti in questo caso l’azione resistente sui tre aghi è quasi doppia di quella che si sarebbe avuta con un solo ago.

Nella ipotesi di inserire quattro aghi per costruire un pilastro in un mascellare, quanto esposto nei punti precedenti rimane valido perché si può immaginare che due aghi P1 e P 2 concorrenti di essi R1 e gli altri due aghi P3 e P4 concorrenti nello stesso punto dei precedenti, determinano un altro piano S nel quale viene a trovarsi la seconda risultante P2 (fig. 5). Anche la prima e la seconda risultante determinano un nuovo piano nel quale si possono comporre, trovando così la R3 risultante totale del sistema dei quattro aghi.

In qualche caso potrebbe essere consigliabile inserire un numero maggiore di aghi. In un impianto di cinque aghi si potrà, in modo analogo al precedente, considerare un quarto piano tra la R3 ed il quinto ago e determinare in intensità e direzione la risultante generale del sistema.

Il problema di attuazione non è così semplice da risolversi dato che gli aghi formano una piramide irregolare e solo la pratica dei casi già risolti consiglia le impostazioni delle soluzioni da adottare.

La oculata applicazione degli aghi garantirà la ripartizione dei carichi agenti su ciascuno di essi e, soprattutto la loro assialità, allo scopo di non far sorgere delle sollecitazioni di flessioni che potrebbero indurre gli aghi a produrre molestie a carico del tessuto osseo, in modo analogo a quanto avrebbe fatto una sollecitazione di pressoflessione. Per questo si riuniscono in modo opportuno le code degli aghi, si saldano con traversini di titanio tra loro al fine di bloccarli e si applica in fine la sovrastruttura. Questa nota ha evidentemente lo scopo di accennare solo alla soluzione teorica del problema ponendo in luce che aumentando il numero degli aghi, sempre che sia possibile, aumenta la capacità portante della risultante e si da al sistema anche una rigidità trasversale ottima nell’azione di masticazione e di traslazione mandibolare.

Gli aghi di titanio hanno una durezza Vichers che è di circa 170 in coda e 260 in corrispondenza dell’estremità tagliente, la quale nell’inflessione non determina fuoriuscita di tessuto osseo; ciò garantisce una perfetta aderenza dell’ago in tutta la sua lunghezza nella cavità che esso si è cresta, impedendo sollecitazioni nell’alveolo mascellare.

In tal modo si conseguono tre notevoli vantaggi:

- di avere in corrispondenza dello scalpello di punta dell’ago una vera punta perforante che crea un alloggiamento esattamente uguale al diametro della punta e dell’ago;

di avere sezioni sempre più resistenti procedendo dalla coda alla punta dell’ago;

di avere la coda duttile in modo tale da poterla opportunamente piegare per ottenere, quando vi siano più aghi, che le corrispondenti estremità siano più vicine tra loro per poterlo saldare e poi protesizzare.

- Da quanto esposto in precedenza emergono delle importantissime considerazioni pratiche: occorre che i fissaggi alla punta ed alla testa degli aghi siano fermissimi per evitare la possibilità di leggere inflessioni trasversali negli aghi sotto forte schiacciamento;

- che il diametro di ogni foro sia più vicino possibile a quello dell’ago in esso applicato per evitare che sotto l’azione di schiacciamento l’ago anche leggermente inflettendosi disturbi il tessuto osseo;

- che gli aghi disposti inclinati rispetto all’azione di masticazione, solo teoricamente considerata verticale, riducano la forza agente in relazione all’angolo dell’inclinazione;

- è opportuno, sempre che sia possibile, ripartire lo sforzo su due o più aghi inclinati per trarre vantaggio anche dalla scomposizione delle forze agenti. In tal caso, però occorre adoperare nella coda degli aghi la saldatrice di cui si è detto, per avere la sicurezza nella ripartizione e trasmissione assiale dei carichi;

- occorre sempre fare un accurato esame preventivo dei due mascellari per determinare quali siano le posizioni più sane e più solide dove inserire gli aghi, tenendo ben presente che le loro punte si assestino sempre nella corticale senza interferire beninteso con le varie strutture anatomiche;

- infine è necessario determinare possibilmente in quale punto avverrà l’intersezione tra la risultante e l’arco mascellare perché quello sarà il punto più solido sul quale si potrà fare il più sicuro assegnamento per la protesi, eliminando la componente trasversale dello sforzo che riesce sempre nociva per la stabilità del sistema.

Pierluigi Mondani

Contributo personale


L’osteointegrazione, a patto che gli aghi si appoggino sulla corticale, non è presupposto necessario alla stabilità dell’impianto, al punto che esso può essere caricato immediatamente con la protesi stessa. L’osso compatto si forma comunque velocemente attorno all’ossidi di titanio dei sottili aghi, e risulta dopo appena qualche mese già meccanicamente portante anche se di spessore inferiore a quello delle viti: proprio per questo motivo l’osso addensato risulta elasticamente solidale con gli aghi stessi, assecondandone i movimenti (che sono comunque limitati).

Questo sistema potrebbe essere assimilato longitudinalmente (cioè lungo l’arcata dentaria) a una trave rigida su appoggio elastico (come ad esempio la trave Winkler appoggiata sul terreno).


SCHEMA DELLA TRAVE WINKLER

 

Infatti:

i denti protesici caricati si possono equiparare ai pilastri dell’edificio;

la travatura saldata alle parti emergenti corrisponde alla trave rovescia sottostante i pilastri;

gli aghi corrispondono al terreno, considerato come una serie di molle indipendenti fra loro;

le corticali possono rappresentare lo strato di terreno non cedevole.

Una differenza costruttiva è che l’interesse relativo fra i pilastri è molto maggiore di quello fra i denti protesici, e ciò va a favore dell’impianto stesso.

In senso trasversale poi questo sistema di aghi divergenti è assimilare per alcuni versi a un sistema di pali radice, per altri a una sospensione a balestra.

Infatti i pali radice permettono ardite soluzioni costruttive, scavando gli strati di terreno meno portanti e ripartendo gli sforzi assiali che ricevono (si veda l’esempio della stessa Venezia).

Le sospensioni a balestra poi contribuiscono ad ammortizzare i carichi dinamici anche trasversali provenienti dall’autoveicolo.

Un primo pregio di questo sistema, perciò, è quello di riuscire a realizzare un collegamento sufficientemente elastico (o, se si preferisce ammortizzato) tra la corona protesica e l’osso sottostante.

Un altro vantaggio, se gli aghi sono inseriti curvati in modo da avere più di un punto di contatto con l’osso corticale, è costituito dal fatto che si ha una più uniforme distribuzione degli sforzi lungo tutto lo sviluppo mandibolare.

Come si evince dal lavoro originale del Prof. Mondani, la costituzione del sistema implantare ha come scopo la creazione di una struttura che riceve sollecitazioni vettoriali assiali tendenti ad eliminare carico di forze flessorie e soprattutto pressoflessorie (diap).

La tecnica operatoria attualmente usata, elimina totalmente questo pericolo utilizzando il principio di appoggio corticale. Si passa quindi da un bicorticalismo ad un tricorticalismo.

La curva di contatto nel tratto mesiale dell’ago permette di eliminare la bidirezionalità dello scarico delle forze che vengono convogliate in senso univoco per quel singolo ago verso l’appoggio murale. Sul versante opposto un ago di controventatura inserito con le medesime modalità completa il sistema meccanico unitario, che viene poi moltiplicato lungo tutta l’arcata costituita quindi di elementi che interagiscono fra loro attraverso le barre di collegamento saldate.

Sfruttando quindi la flessibilità dell’ago, dopo aver impattato la corticale o vestibolare o linguale, è possibile conferire all’impianto una precurvatura che scarica le forze lungo tutto il tratto aderente all’osso abbassando notevolmente il carico di punta che si verifica sulla corticale basale da parte dell’apice.


Dr. G. Lorenzon


Coerenza paradentale tra ago e gengiva aderente.

Non esiste necessità di chirurgia secondaria.