NOTA: cliccare sopra l'immagine per ingrandirla

LETTERE AL DIRETTORE


- Dott. S. U. Tramonte


Ricevo dal Dr. Massimiliano Apolloni, noto professionista in Trento, una voluminosa documentazione che riguarda le disavventure medico-legali di un Collega e del suo burrascoso rapporto con il CTU (Consulente Tecnico d'Ufficio) di turno. 

Il materiale è certamente degno di essere letto, data anche l'attualità delle problematiche trattate, ma, non essendo strettamente scientifico, mi  sembra che la presente rubrica sia la sua collocazione più congeniale.

Lascio dunque la parola al Collega Apolloni, limitandomi, e me ne scuso in anticipo con lui, a tagliuzzare qua e là per le solite ragioni di spazio, senza peraltro modificare il senso o l'essenza dell'informazione.


Sta imperversando sempre di più una sorta di "cannibalismo" tra colleghi.

Ad una donna sulla cinquantina era stata eseguita, mediante impianti ad ago, una protesi fissa da premolare a premolare ed una rimovibile, agganciata alla stessa, portante i restanti denti.

Dopo quattro o cinque anni che questa persona aveva inseriti i detti impianti, poiché continuava ad accusare i più disparati e strani disturbi di cui nessun specialista al quale si era rivolta (circa dieci o più), aveva saputo trovare una precisa causa (si era recata persino dal professor Ugo Pasqualini che aveva controllato l'occlusione trovandola non equilibrata e rimandando quindi la paziente al curante perché vi ponesse riparo), qualcuno le suggerì che tutto dipendeva dagli impianti.

Andò allora da un consulente tecnico d'ufficio (C.T.U.) che affermò e scrisse anche lui che la colpa dei disturbi erano gli impianti, i quali inadatti, non scientifici, privi di letteratura, non osteointegrandosi avevano provocato un'osteite.

Fu subito disposto di asportarli e la paziente fu ricoverata al reparto di chirurgia maxillo-facciale di Trento.

Il primario però fatte le dovute ricerche, fra cui panoramiche e TAC, rivelò che gli impianti erano perfettamente osteointegrati e dimise quindi la paziente senza eseguire l'intervento.

Si trovò tuttavia un altro primario odontoiatra, di un ospedale provinciale vicino, disposto a fare quanto il primo (Presidente dei Chirurghi maxillo-facciali) non aveva ritenuto assolutamente opportuno. Costui comunque, eseguito l'intervento, approntò un verbale nel quale espose le difficoltà incontrate nell'asportazione di detti impianti dalle quali qualunque esperto in materia poteva facilmente dedurre che erano perfettamente osteointegrati (come da TAC), tant'è vero che alcuni non fu nemmeno possibile asportarli completamente! 

Scioccato da una simile constatazione e da tali fatti, mi recai dal C.T.U esprimendo le mie perplessità sull'accaduto. 

Mi sentii "candidamente rispondere", che le cause dei disturbi non erano gli impianti, ma un problema di malaocclusione. 

La conseguenza di quanto esposto fu che il collega che aveva fatto la protesi alla paziente su impianti da lui inseriti, dovette però risarcirla (per chiudere il caso) perché colpevole di aver eseguito il manufatto protesico su impianti non scientifici, privi di letteratura e che aveva quindi provocato osteite perché non osteointegrati.

fig. 1

     

fig.2     


Il Dr. Apolloni allega due immagini: una Status X, fig.1 (che appare assolutamente indiscutibile) ed una TAC, fig.2, di cui possediamo una copia del referto ("Lo studio particolareggiato della mandibola permette di confermare la vistosa atrofia già descritta mediante i radiogrammi standard oltre che la presenza di multipli infibuli metallici; questi ultimi non interessano il forame mentoniero da entrambi i lati e non danno origine a reazione osteitica limitrofa.") inoltre la fotocopia di parte della perizia eseguita dal C.T.U. in questione ("La protesizzazione fu eseguita su impianti non osteointegrati, ritenuti inaccettabili secondo le attuali indicazioni della letteratura scientifica; l'osteite da impianti, comparsa successivamente causò la comparsa di una nevralgia del nervo...").

La denuncia del Dr. Apolloni tocca due temi che sono una spina nel fianco per molti di noi: la questione dei C.T.U. non qualificati dal punto di vista odontoiatrico e men che meno implantologico e la questione degli impianti obsoleti.

Per quanto riguarda il primo punto non c'è granché da dire: è vero, a volte capita, non sempre per fortuna, che il C.T.U. non sia nemmeno un odontoiatra  ma questa è una questione troppo più grande di noi che rimettiamo nelle mani dei nostri rappresentanti di categoria (servirà?).

Più corposa la questione degli impianti obsoleti e non del tutto priva di riflessioni autocritiche.

L'Italia, che è stata la culla dell'implantologia, alla fine si è ritrovata giù dal treno ed ora, come a solito, fa' il fanalino di coda. Fa parte del nostro carattere nazionale. Avremmo potuto anche noi produrre ricerca scientifica, lavori ed esperienze a livello universitario che avrebbero avallato le tecniche quando tutto era ancora da fare. E' da dire. Questo non è avvenuto. Nel mio caso posso dire che sia l'Università, sia Tramonte, nel momento in cui il panorama implantologico mondiale ancora non conosceva i sepolti, si sono snobbati a vicenda con grave nocumento dell'implantologia italiana. Ma, detto questo, bisogna anche dire che gli altri, che non si aspettavano un simile regalo, hanno fatto di tutto perché su quel treno mai più tornassimo. Lecito e meno lecito. A volte spudoratamente scorretto. E sempre con ostile sufficienza. Adesso la musica è cambiata e la mano torna a noi.

Non sprechiamo anche questa possibilità in lotte intestine e disperdendo il nostro patrimonio in mille rivoli (ognuno col suo impianto che è poi la copia di una copia), compattiamoci nelle nostre associazioni, come l'AISI, che si battono per l'implantologia tradizionale italiana, moltiplichiamo l'uso dei nostri impianti, stabiliamo una rete di relazioni tra di noi e finalmente incominciamo a collaborare. In tutti i campi potremmo essere i primi se non cedessimo ai peggiori difetti nazionali, l'invidia ed il protagonismo, e ci abbandonassimo alla perversa voluttà della guerra di rione.